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Francesco Filotto
Mercoledì 6 maggio gli studenti delle classi III e della classe VB del liceo “Galilei” hanno avuto modo di capire quanto possano affascinare le scienze natuali se considerate in modo non prettamente scolastico. Questo grazie alla conferenza di Telmo Pievani, professore associato di filosofia della scienza all’Università degli studi di Milano Bicocca, studioso di fama internazionale nel campo dell’evoluzione, che ha affascinato l’uditorio mostrando competenza e profonda passione per l’argomento.
Appunto, quale argomento? La teoria dell’evoluzione di Charles Darwin. Durante questi primi mesi del 2009 (bicentenario della nascita del geologo e naturalista inglese, cen-tocinquantesimo anniversario dalla pubblicazione dell’Origine delle specie) tv, radio, riviste e internet hanno bombardato noi tutti sulla vita e le teorie dell‘uomo che, per primo, riuscì a dimostrare la possibilità, e la probabilità, di una “creazione senza Dio” tramite selezione non casuale, estesa su tempi geologici, di mutazioni casuali.
Per fortuna il relatore non ha tenuto una lunga lezione sull’evoluzione, che avrebbe senza dubbio annoiato le classi, che avevano già studiato (e chiuso) quell’unità del libro di biologia, ma ha spiegato come Darwin sia arrivato alla formulazione della sua teoria, inquadrandone aspetti poco discussi: il suo carattere e la sua vita prima della pubblicazione che cambiò la scienza naturale. È riuscito in questo grazie alla riscoperta dei taccuini personali di Darwin, che sono stati pubblicati da una sua pronipote solo negli anni Ottanta del ’900 (tradotti in Italia da Laterza) e contengono tutte le considerazioni del naturalista, dal Charles giovane al Charles maturo, insieme con l’evoluzione del suo stesso pensiero e della sua teoria: momenti di sconforto e di gioia si alternano a pagine e pagine di particolareggiate meditazioni sulle trasmutazioni, come Darwin preferiva chiamare la sua scoperta.
Dai taccuini si può capire che Darwin aveva già concluso nel 1838, neanche trentenne, il suo studio. Come si spiegano 21 anni di attesa? Qui entrano in gioco due aspetti del suo carattere: il coraggio e la lungimiranza. Non eccelleva nel primo, ma era molto dotato della seconda: aveva previsto che la diffusione della sua idea avrebbe potuto etichettarlo come eversivo e radicale (lui stesso afferma che sarebbe stato like confessing a murder, «come confessare un assassinio»), e quindi escluderlo dalla comunità scientifica e dalla società. Darwin fu costretto a pubblicare le sue scoperte quando nel 1858 ricevette dal più giovane collega Alfred R. Wallace un testo che dimostrava l’evoluzione delle specie in maniera analoga alla sua: altrimenti, forse L’origine delle specie sarebbe stata pubblicata solo dopo la suamorte.
Un’altra intuizione che emerge dagli appunti personali è la sua umiltà evoluzionistica: Darwin non credeva che l’uomo e l’intelletto fossero il fine ultimo dell’evoluzione; anzi Homo sapiens non è stato un fine premeditato dalla natura(che non è un essere superiore intelligente), ma solo uno dei tanti ramoscelli derivati dalle mutazioni degli esseri viventi: è solo per caso, e per milioni di anni di adattamenti contingenti, che l’uomo è quello che è.
Un simile viaggio si potrà ripercorrere nella mostra “Darwin 1809-2009”, curata da Pievani assieme a Ian Tattersall e Niels Eldredge (considerati fra i massimi esperti di evoluzione al mondo), che sarà alla Rotonda della Besana di Milano dal 4 giugno al 25 ottobre 2009.
(articolo pubblicato su "Il Galileo" di maggio 2009 - "Popolo Cattolico" del 16 maggio 2009)