19 giugno 2016 - 16:38

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È stato presentato mercoledì 8 giugno, nell'auditorium del centro di spiritualità del santuario di Caravaggio, "e la nave va", il libro che Walter Macchi, professore di matematica e fisica del Liceo Galilei, ha dedicato alla storia di questo istituto.

Erano presenti molti docenti ed ex docenti, studenti ed ex studenti della scuola, che hanno dato vita a un reading con accompagnamento musicale di alcune pagine del libro. Insieme a loro hanno partecipato alla serata diversi ospiti istituzionali: Carlo Mangoni, presidente della Banca di Credito Cooperativo di Caravaggio, che ha finanziato la pubblicazione del libro; Paolo Ziglioli, assessore alla pubblica istruzione del comune di Caravaggio nel 1967, quando venne istituito il liceo scientifico (le prime classi arriveranno nell'anno scolastico 1974/'75); l'attuale dirigente scolastico Claudio Venturelli e Rosa Romana Marchetti, che ha diretto l'istituto dal 2009 al 2015; il comandante della Compagnia della Guardia di Finanza di Treviglio, Maria Luisa Ciancia, e il padrone di casa, don Antonio Mascaretti, rettore del santuario di Caravaggio. Ha inviato un messaggio che è stato letto durante la serata anche Fabio Cortesi, dirigente scolastico dal 2006 al 2009 e che non ha potuto essere presente.

E la nave va di Walter Macchi

Nella postfazione Carlo Mangoni definisce così la «piccola grande storia» del Liceo Galilei: «tanti piccoli, ma fermi passi, che hanno segnato un percorso formidabile; il tentativo originale di rispondere positivamente ad una sfida educativa che nasce all'interno della comunità caravaggina e che coinvolge istituzioni, enti ed associazioni, tutti protesi ed impegnati nella realizzazione di una scuola, o come meglio ci piace ricordarla, come il luogo dove dei ragazzi che hanno un desiderio a volte confuso di crescere e di capire, vengono accompagnati in questo viaggio nella comprensione della realtà nella sua complessità, superando la frammentarietà ed affermando il senso ultimo delle cose».

Qui vi proponiamo un brano tratto dalle 220 pagine che compongono il libro.

Tra sogno e risveglio

Sono imbarazzato al momento dei saluti. Quando stringo la mano a ogni studente di quinta e chiedo di non dimenticare gli anni al Galilei, sono impacciato e goffo.

Alcuni li rivedrò ancora ma in altri contesti (teatro, musica, conferenze).

Molti li perderò di vista e li ritroverò per caso, dopo anni, quasi irriconoscibili.

Donne ingrassate con prole urlante al seguito, padri sdentati e calvi con rughe come ragnatele, uomini obesi o ingobbiti, capelli grigi e sguardo spento.

La polvere del tempo agisce senza pietà.

Ma io li ricordo sempre ragazzi, sempre scatenati davanti alla vita, curiosi e intraprendenti.

Vorrei descrivere il momento dell'addio, ma non è facile.

Ci provo.

Non lontano da casa, sulla strada che collega il mio paesello a Caravaggio, noto uno spiazzo erboso, vuoto. Ho l'impressione di un'assenza. Mi fermo, mi avvicino e raccolgo da terra il volantino di un circo. Probabilmente era lì fino a qualche giorno prima, un circo a conduzione famigliare, scalcagnato, con qualche animale stordito e due clown malinconici.

Immagino che nella nostra bassa bergamasca sia passato Zampanò con la sua Gelsomina, e nessuno se ne sia accorto.

Provo una strana sensazione di appartenenza. Chissà perché.

Noto ancora i segni, la terra dissodata dal traliccio del tendone dove ci sarà stata dipinta una sirena dalla coda azzurra, vedo il cerchio della pista ingiallito, qualche filo di paglia, l'odore di stallatico, tracce di cacca di qualche fiera annoiata che sognava la savana.

Chiudo gli occhi... e sento suoni che si allontanano, la spensieratezza che se ne va.

Il circo sgangherato se ne è andato chissà dove, come l'estate, come i miei ragazzi.

E Gelsomina chiederà qualche soldino a nuovi spettatori.

I miei studenti faranno domande pertinenti in altre aule, in altre città.

Conosceranno e stimeranno altri insegnanti.

Guardo l'erba: una sottile malinconia pervade ogni centimetro quadro.

C'è il senso di qualcosa che non posso dire, solo sentire.

Qualcosa tra la festa e la fine, tra sogno e risveglio.

Tra la magia e la finzione.

Come l'aria di un sabato sera che fugge leggera.

Via da te.

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